Archeoastronomia e pregiudizio: considerazioni di buon auspicio.
- Imma Tuccillo Castaldo
- 5 gen 2023
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 17 mar 2023

[in foto Maud Worchester Makemson nel suo ufficio all'Osservatorio Vassar presso Maria Mitchell’s drawing room, nel 1950. Fonte Vassar College]
Buon anno! La nostra astronave madre, il pianeta Terra, prosegue il suo viaggio nell’universo in compagnia di una moltitudine di altri oggetti celesti verso un dove relativo su cui rifletteremo insieme in un’altra occasione.
Siamo quasi arrivati al quarto di secolo, un quarto del ventunesimo, un traguardo che esalta l’immaginazione e che porta il futuro nel presente, al punto da sembrare a volte addirittura in anticipo su questo.
Ma non è per le promesse d’avanguardia che durante i giorni trascorsi con gli occhi di allegria per le luminarie natalizie, mi sono ritrovata a ragionare con una certa apprensione su di una parola che resta in silenzio, a volte si agghinda con gli orpelli del ‘si dice’. Non la rivendichiamo quasi mai nel nostro vocabolario quotidiano, ma inquina il nostro eloquio.
La parola con la quale vorrei provare a confrontarmi è "pregiudizio".
In realtà, ho incontrato il pregiudizio in un luogo inaspettato e forse è proprio per questo che ho deciso di esercitare il diritto della passionaria per rimettere le cose in ordine, e dare una rassettata nella mia casa del sapere.
Come si coniuga il pregiudizio con discipline come l’Archeoastronomia o l’Astronomia culturale? Come è dato che il pregiudizio trovi dimora sulle bocche di chi divulga il sapere attingendo dalla Storia della Scienza, dalla Filosofia della Scienza, dalla Logica, dalle Scienze naturali, dall’Astronomia, dalla Fisica? Come si accetta il pregiudizio provenire da chi dovrebbe pure educare la propria mente all’esercizio della verifica, o disciplinarsi all’ascolto là dove si ignori ciò di cui l’altro parla?
Prima di provare a rispondere a questi quesiti, farò delle premesse necessarie.
La prima presenta la definizione che della parola pregiudizio dà il vocabolario Treccani online. Una definizione facile da verificare, alla portata di quanti abbiano accesso ad una connessione e siano interessati al controllo della fonte. Queste precisazioni sono volute, più per l’ovvietà solo apparente che per pedanteria.
Pregiudizio: [dal lat. praeiudicium, comp. di prae- «pre-» e iudicium «giudizio»]
Riporto qui solo il secondo valore semantico indicato nel Treccani online: […] 2. a. Idea, opinione concepita sulla base di convinzioni e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti. Delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore (è sinon., in questo sign., di preconcetto): avere pregiudizi nei riguardi di qualcuno, su qualcosa, essere pieno di pregiudizi, giudicare senza (o con l’animo sgombro da) pregiudizi […]. b. Convinzione, credenza superstiziosa o comunque errata, senza fondamento: combattere contro vecchi p. popolari, è un vecchio p. che rompere uno specchio porti sfortuna. […]
È facile comprendere che il pregiudizio non abbia diritto di accoglienza nei consessi in cui i convenuti si riconoscano nella grande famiglia dei teorici e tecnici delle scienze.
La seconda premessa tiene conto del valore epistemologico della relazione tra metodo scientifico e ragionamento scientifico. Il metodo scientifico oltre ad essere caratterizzato da precise norme e stringenti regole si accompagna ad una nozione centrale: l’inferenza. Per inferenza si intende il ragionamento attraverso cui a partire da certe premesse si arriva ad una determinata conclusione. Vi sono diversi tipi di inferenza: inferenza induttiva, inferenza deduttiva ed inferenza abduttiva. [Castellani, Morganti, 2019]
Nella fase di elaborazione di una teoria, il modello di inferenza induttivo si caratterizza per la base dell’osservazione di determinate regolarità (la premessa) arrivando poi ad ipotizzare una legge di carattere generale (la conclusione).
Ai fini della previsione, il ragionamento di tipo deduttivo inferisce il verificarsi di un determinato fenomeno a partire dall’assunzione di una certa legge generale e dal sussistere di determinate condizioni (se la premessa è certa le conclusioni non possono che essere certe).
Il terzo tipo di ragionamento, invece, inferisce una certa ipotesi (la conclusione) sulla base del fatto che questa garantisce la spiegazione migliore di una determinata situazione (la premessa).
Le inferenze induttive ed abduttive sono ampliative rispetto a quelle deduttive e sebbene esprimano con una certa forza le conclusioni, non esprimono la certezza intrinseca delle inferenze deduttive. Le scienze sperimentali, tuttavia, sono confortate e si appoggiano sulla diversificazione delle inferenze, ma con una predilezione per il tipo induttivo, in virtù del ruolo precipuo del controllo della base di dati. [Castellani, Morganti, 2019]
L’ultima delle premesse è ancora una definizione. Questa volta si tratta di perimetrare il campo semantico del termine archeoastronomia. È un’altra premessa necessaria poiché il pregiudizio incontrato investe con spregiudicato disprezzo proprio questa disciplina, relativamente giovane.
È difficile dare una definizione dell’Archeoastronomia, ma in questa sede si è scelta quella data dall’astrofisico Paolo Colona. Essa è a disposizione di quanti vogliano verificare sul sito dell’Unione Astrofili Italiani. Il link alla pagina web da cui è tratta, lo trovate alla fine dell’articolo.
L’Archeoastronomia è «la scienza che studia testimonianze culturali di ogni epoca, specialmente antica, per individuarne l’eventuale contenuto astronomico con lo scopo di migliorarne la comprensione e aiutare a ricostruire il contesto culturale che lo ha creato. Contribuendo alla storia dell’astronomia e della cultura, può essere considerata una scienza ausiliaria dell’archeologia e della storia della letteratura, delle religioni e del pensiero. Volendo optare per una versione molto stringata, l’archeoastronomia è lo studio del contenuto astronomico dei reperti antichi.»
Date queste tre premesse, arrivo al punto della questione.
Ho verificato con stupore e con tristezza che l’archeoastronomia viene confusa, ahimé, anche nel mondo della divulgazione scientifica anche improvvisata, con la fantarcheologia su cui tanto si è scritto e tanto si è discusso, per la gioia degli editori di controversi autori di best seller.
La fantarcheologia è un business editoriale che fa ancora numeri importanti e fa felice anche in Italia soprattutto quei divulgatori scientifici che hanno compreso come far sorridere i propri lettori con poco sforzo e molti libri di facile lettura, grazie alla pochezza argomentativa delle loro nemesi, produttori di cultura e scienza popolari con l’obiettivo preciso di stare sempre contro qualcosa o qualcuno.
Per queste ragioni è necessario un contesto più intimo, andando a scomodare interlocutori con argomenti più consoni al senso di questo articolo, in difesa dell’Archeoastronomia e svergognare il pregiudizio.
L’Archeoastronomia è un ambito multidisciplinare che vede in Maud Worchester Makemson (1891-1977) una pioniera di eccellenza. Makemson tracciò un percorso possibile per i ricercatori che seguirono le sue orme e può essere definita come colei che inaugura gli studi di archeoastronomia, in particolare dell’astronomia polinesiana e maya, oltre che dell’astrodinamica.
Chi era Maud Worchester Makemson?
Makemson conseguì il suo PhD in Astronomia a Berkeley nel 1930. Nel 1932, raggiunse Caroline Ellen Furness (1869-1936) al Vassar College, quest’ultima astronoma americana e prima donna a conseguire un dottorato di ricerca in astronomia alla Columbia University nel 1896.
Nel 1936, divenne direttrice del Vassar Observatory e qualche anno dopo pubblicò quattro importanti monografie: 1) The Morning Star Rises: An Account of Polinesian Astronomy (1941); 2) The Astronomical Tables of the Maya (1943); 3) The Maya Correlation Problems (1946); 4) The Book of the Jaguar Priest (1951).
Ciascuna di queste monografie con titoli tanto evocativi, che alle orecchie di uno scientista anonimo privo di conoscenze in Storia della Scienza e Storia dell’Astronomia, suonerebbero come pericolose dichiarazioni di adesione spicciola o mal celata ad un esoterismo non meglio definito, costituiscono invece una pietra miliare che introdussero ad universi di senso inattesi e a revisione della conoscenza del mondo antico e di culture altre, ancora oggi definite primitive; fallendo con questo atteggiamento la comprensione di aggiornate prospettive di indagine storiografica, anche in ambito scientifico.
Nel 1957, Makemson lasciò Vassar per insegnare Astronomia ed Astrodinamica all’Università della California Los Angeles. Qui divenne consulente presso il Consolidated Lockheed-California partecipando alla stesura del testo Introduction to Astrodynamics, edito per la prima volta nel 1960. Quando Makemson arrivò all’UCLA era l’unica donna che si potesse incontrare nei dipartimenti di Matematica, Fisica e Astronomia dell’Università.
E in Italia? L’Archeoastronomia nel bel paese sembra debba soffrire di un complesso di inferiorità, a priori. Sembra che chi se ne occupi debba dimostrare, prima di tutto e non solo nei testi scritti, di essere avverso a sostantivi quali 'fede' e 'religione', ad aggettivi quali 'sacro' ed 'alchemico'. Deve dimostrare, in alternativa, di possedere la patente di ateismo dichiarato infarcito di letteratura goliardica, o almeno abdicare la propria razionalità ed abbracciare una nuova fede, quella del cameratismo scientista duro e puro.
I più, detrattori e non, associano all’Archeoastronomia le infinite e noiose polemiche sulle teorie o ipotesi dell’origine extraterrestre della nostra specie, soprattutto sulle presunte prove addotte a sostegno e sulla predilezione per l’Egitto e questa antica civiltà di molti 'scopritori di misteri'.
L’isterica reazione degli egittologi da una parte e quella scomposta in generale di molti archeologi dall’altra, che d’improvviso hanno dovuto cominciare a riconsiderare conoscenze acquisite alla luce di nuove scoperte, non hanno aiutato l’Archeoastronomia a definirsi in maniera chiara.
Per fortuna fuori dai nostri confini, in paesi come gli USA, il Regno Unito, la Nuova Zelanda, l’Australia, per citarne alcuni, la presenza da una parte di siti archeologici ricchi per la storia dell’umanità, e dall’altra la presenza di popolazioni native che non possono più essere ignorate, sopravvissute nonostante secoli di emarginazione, ripetuti tenativi di annientamento e mortificazione di conoscenze e saperi peculiari, l’archeoastronomia è proprio la disciplina che ha il merito di mettere in relazione vari campi di indagine permettendo la riscrittura di interi paragrafi di storia del pensiero scientifico che ci viene da altri mondi, antichi e non.
È un percorso difficile, ma non per questo non praticabile anche in Italia, dove c'è una ricca storia da scoprire in alcuni casi, e da riscrivere in altri, di popolazioni italiche che precedono la civiltà romana, ne è un esempio l'emergere di interessanti ipotesi sull'origine degli Umbri e delle migrazioni che li portarono in Italia. Se queste ipotesi si dimostreranno fondate sarà il tempo a dirlo ed il confronto con la comunità scientifica.
Diventa quindi più chiaro il perché fossero necessarie le tre premesse da cui sono partita. Il pregiudizio su cui ho riflettuto non è nemmeno accettabile se lo si volesse trattare come inferenza deduttiva, ovvero giustificabile in virtù di un ragionamento che giunge ad una conclusione certa poiché riferita da premesse certe.
Anche se volessi considerare il pregiudizio come una sorta di pre-comprensione della realtà, quasi come predisposizione mentale e strumento di sintesi conoscitiva, starei fantasticando sul nulla.
Le premesse su cui si fonda il pregiudizio nei confronti dell’Archeoastronomia sono sfacciatamente banali, si basano a volte sull’esclusivo gusto degli interlocutori e di scientifico non c’è nemmeno il tentativo di giustificare il proprio ignorare.
Voglio concludere citando un famoso fisico teorico statunitense Michio Kaku, eccellente divulgatore peraltro. Kaku parla dell’importanza della “scienza dell’impossibile” e spiega nei suoi libri che lo studio approfondito dell’impossibile ha consentito di accedere a nuovi e sorprendenti domini della scienza, aggiungo della conoscenza, che non ha lo stesso volto della verità cristallizzata ed asettica.
La ricerca è l'unico spazio in cui è possibile scoprire e stupirsi, significa stare sempre prossimi alla bellezza, anche nell'errore.
Che il 2023 sia un anno di conoscenza, di riconoscenza, di rivoluzioni scientifiche e non, per tutte e tutti!
sitografia
Per una lista di paper specializzati in Archeoastronomia consiglio questa consultabile cliccando sul link
Letture consigliate
The Sky Is for Everyone, Women Astronomers in Their Own Words, edited by Virginia Trimble & David A. Weintraub, 2022.
Physics of the Impossible: A Scientific Exploration into the World of Phasers, Force Fields, Teleportation, and Time Travel, Michio Kaku, 2009.
Per i lettori italiani
Fisica dell'impossibile. Un'esplorazione scientifica nel mondo dei phaser, dei campi di forza, del teletrasporto e dei viaggi nel tempo , Michio Kaku, traduttori Andrea Migliori, Sergio Orrao. 2017.
La Filosofia della scienza, Elena Castellani, Matteo Morganti, 2019
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